la pittoresca valparaiso
due settimane di lavoro alla pari per l’hotel “winebox valparaiso“, il primo hotel sudamericano interamente costruito con ex container navali
la cittÀ, casette colorate arroccate sui colli e murales ad ogni angolo
Come dice il titolo, questo post è dedicato alla stupenda città di Valparaiso, e al nostro secondo workaway, che abbiamo trascorso lavorando per due settimane in un hotel della città.
A solo due ore di bus da Santiago, Valparaiso è una città portuale – per questo gli abitanti si definiscono orgogliosamente “porteños” – arroccata su una non ben definita serie di “cerros” (colli) che si affacciano sul mare. Un mare a cui è stata strappata negli anni un po’ di terra, in modo da creare una parte piana. La città, in parte patrimonio dell’UNESCO, è un pittoresco insieme di stradine, funicolari e casette dai colori sgargianti arroccate sui colli, in una maniera che ricorda un po’ le città delle colline liguri! Il tutto letteralmente abitato dall’arte di strada, che sbuca ad ogni angolo, sorprendendoti con murales e graffiti di ogni forma, stile e colore.
Vedi qui!
Si dice che un abitante stesso della città non riesca in una vita a scoprirne tutti gli angoli…figuriamoci in due settimane! Però ci siamo dati da fare e ogni pomeriggio dopo il lavoro ci lanciavamo alla scoperta di un nuovo quartiere, spesso perdendoci nei tortuosi incastri di vicoli o negli spericolati percorsi dei bus.
Ecco alcuni scorci speciali della città
il lavoro all’hotel “winebox valparaiso”
Il lavoro ci occupava dalle 9 alle 15, no stop. Un’esperienza tutta diversa da quella trascorsa nella fattoria della penisola Varas, ma anch’essa intensa. Eravamo “alle dipendenze” del Winebox Valparaiso, il primo hotel sudamericano costruito interamente con ex container navali. Un progetto innovativo, basato sul riciclo e sul risparmio energetico, unito alla possibilità di degustare vino locale (tra cui quello prodotto nella stessa cantina dell’hotel!). Un piano ambizioso e interessante ma sicuramente, per stile e per prezzo, del tutto elitario. Noi eravamo sistemati, insieme agli altri volontari, nella casa dei proprietari, che attualmente vivono di fatto in una delle stanze dell’hotel. Per questo la condivisione extra lavorativa con i nostri ospitanti (lei cilena, lui neozelandese) è stata pressoché nulla, cosa che all’inizio ci ha fatto sentire un po’ a disagio : ci sembrava di essere dei piccoli operai al servizio dei capi più che dei volontari accolti in un progetto di scambio culturale… Questa situazione è stata però per fortuna compensata dal gagliardo team di volontari e amici con cui abbiamo spartito una casa davvero spaziosa e confortevole! Li ricordo per nome, solo per dare voce alla verissima e viva realtà che un viaggio senza incontri smette di essere tale. Un grazie dunque a Jared e Kat (Australia), Valentina (Cile) e Steven (UK).
Le nostre mansioni nell’hotel sono state varie: dalla più ordinaria pulizia di camere, bagni e aree comuni a lavori più sofisticati come applicare pellicole oscuranti alle finestre, tagliare bottiglie di vetro per ricavarne bicchieri, effettuare un servizio fotografico alle colazioni nonché dipingere uno stencil sulla parete di un container! Eccoci all’opera.
i dintorni di valparaiso
Nel weekend di riposo abbiamo esplorato un po’ gli affascinanti dintorni, su cui non mi dilungo ma che anch’essi meriterebbero un post a parte. Li cito solo brevemente : la limitrofa e ordinata Viña del Mar, la località marittima più “in” del Cile, la surfista Concon, con le sue dune di sabbia su cui abbiamo potuto sandboardare (!), e il meno noto Quintay, con la sua ex balenera ora museo di memoria della cruda caccia ai giganti marini.
manifestazione in piazza, rivendicazioni sociali e repressione
Valparaiso l’abbiamo lasciata a malincuore e con la voglia di tornare. Non solo per la sua bellezza genuina, ma anche perché qui abbiamo potuto sentire e vivere un po’ più da vicino la dimensione politica e sociale del paese. In tutte le sue contraddizioni. Dico “vivere” perché in piazza con la gente ci siamo scesi davvero, subendone in parte le conseguenze. Nadia infatti, da brava tonacina (termine di comprensione esclusiva dei casnighesi,sorry) aveva deciso, per l’8 marzo, di partecipare alla manifestazione popolare organizzata dal comitato #Ni una menos. E così arriviamo alla piazza, piena di colori, di donne e uomini ma soprattutto di ragazze e ragazzi, con strumenti, megafoni, costumi e chi più allegria e determinazione ha più ne metta.
Il corteo parte, tra musica, balli e slogan che invocavano attenzione a temi di cui oggi l’8 marzo si fa portatore, quali la lotta al feminicidio e alla discriminazione sessuale. Giunti al luogo dove terminava il percorso concesso alla manifestazione (credo a non più di un km dalla partenza) c’erano ad attenderci non solo barricate ma una schiera di poliziotti armati e di camion con idranti. Ed è a questo punto che la polizia, senza alcun motivo reale, ha iniziato a sparare sulla folla dapprima getti di acqua e poi acqua con spray al peperoncino, avanzando verso la massa e disperdendola, mettendo così fine ad un evento del tutto pacifico. Non potevamo crederci! Una vera e propria repressione, violenta e ingiustificata.
Nei giorni successivi, parlando con alcuni ragazzi, ci è stato spiegato che a Valparaiso come a Santiago situazioni del genere sono all’ordine del giorno, e di ogni manifestazione. E anzi spesso sono le stesse forze armate a inviare dei poliziotti in borghese in prima linea a fomentare i ragazzi fino a spingerli ad attuare quel minimo atto di “disordine” (come cercare di spostare una barricata con le mani) considerato necessario per poter intervenire e arrestare. In rischio per un manifestante va dai 20 ai 40 anni di prigione.
E questo è solo uno degli strascichi che la dittatura militare di Pinochet ancora si porta dietro.
Non perdetevi queste immagini
Prossimo stop nella capitale: Santiago del Cile.